Non ci nascondiamo dietro un dito di ipocrisia: noi stiamo con Sarri.
Che non è come dire: “Ci sedemmo dalla parte del torto, perché tutti gli altri posti erano occupati.” Qui il torto reale è piccolo, forse così banale da scadere nella noia. Il torto di aver usato insulti pesanti, parolacce, nei confronti di un collega allenatore. Trance agonistica, tensione, approssimazione, ma è ovvio che non va bene. Si tratta di un pessimo esempio di educazione, ma confidiamo che il quarto uomo non abbia fatto finta di non sentire.
Ma la cosa doveva finire lì. Una fiammata che si è accesa attorno al nono minuto di recupero, un errore di un attimo, ma quando l’aria è infiammabile, basta una scintilla per scatenare l’inferno. Roberto Mancini dovrebbe saperlo bene. Per Laziochannel il suo non è un nome come un altro: si tratta di uno degli eroi del secondo scudetto ed in generale del ciclo più vincente della storia della Lazio, che ha vissuto anche un’appendice non da poco nei suoi due anni da allenatore.
Figuriamoci se ci svegliamo la mattina con la voglia di sbraitare contro il Mancio.
Però, c’è un però grosso come una casa. Chi scrive segue il calcio da un bel po’, ma quando ha iniziato Roberto Mancini era già un affermato calciatore tra le fila della Sampdoria. Lui più di altri conosce bene il circo mediatico che c’è intorno al calcio. Presentarsi ai microfoni della tv di Stato e farsi vedere scosso fino alle lacrime, per dire: “Sarri mi ha dato del finocchio e del frocio” è più che altro fare la spia, come si dice in gergo. E’ rosicare talmente tanto da dire: “Mo’ ti rovino la carriera“. Andare in televisione per sputtanare (ci adeguiamo al linguaggio di lor signori) Sarri sapendo di gettarlo in pasto agli squali benpensanti non significa essere paladini contro l’omofobia. Significa essere subdoli. Il quarto uomo doveva annotare tutto e squalificare Sarri per gli insulti. Ma il carrozzone anti-omofobo partito cinque secondi dopo le dichiarazioni di Mancini è semplicemente patetico.
Ma come, direte voi, l’omofobia allora non è una cosa seria? Certo che lo è: la discriminazione per motivi sessuali, razziali, religiosi o quant’altro va rifuggita nel nome stesso del progresso e della civiltà. E non si tratta neppure di cadere nel “benaltrismo“, di pensare che tanto sono sempre altri gli episodi da condannare. Si tratta semplicemente di non essere ipocriti, di fare a gara per scagliare la prima pietra. Potremmo dire, in maniera altrettanto ipocrita: “Voi non avete idea delle parole che volano in campo e negli spogliatoi“. La verità è che chi segue il calcio l’idea CE L’HA, ECCOME. Quella di Roberto Mancini è stata una mossa viscida: far passare Sarri per razzista (termine impropriamente usato dal tecnico dell’Inter… poi Mancio, ti spiegheremo la differenza tra discriminazione razziale e sessista…) è una violenza più grave di sentirsi dare del “frocio” durante un battibecco. In cui si può rispondere per le rime (e sembra che Mancini l’abbia fatto). Va ricordato che tutto questo non è accaduto in conferenza stampa: sarebbe imperdonabile in maniera pubblica, ragionata e reiterata usare l’omosessualità a mo’ di insulto. Farlo quando si è “persa la brocca”, è inelegante, becero, ma sicuramente non ti fa diventare un “mostro da cacciare dal calcio, che in Inghilterra non dirigerebbe neanche un allenamento.“
Sapete chi in Inghilterra non dirigerebbe neanche un allenamento? Sinisa Mihajlovic, riguardo al quale Mancini dopo un Lazio-Arsenal disse che erano “cose di campo” e nessuno doveva offendersi se il serbo aveva dato a Patrick Vieira della “scimmia“. Forse anche lui non lo aveva chiamato “zingaro“? Speriamo che chi sta leggendo si renda conto, in questa escalation di “becerume“, quello che può uscire fuori durante la trance agonistica. Avendo poi Sarri chiesto scusa subito dopo (andando NEGLI SPOGLIATOI, non DAVANTI ALLE TELECAMERE), l’evidenza delle premeditazione del gesto di Mancini è chiarissima. Sarri è nel giro del grande calcio da un paio d’anni, evidentemente può dare fastidio a chi ci mangia da quaranta. Ah, un’ultima cosa: un certo personaggio (qui sotto c’è il video) rifilò al nostro Sebastiano Siviglia lo stesso epiteto che ieri ha fatto indignare l’Italia. Nessuno parlò di radiazione: si tratta di un altro che fa parte di quella schiera di intoccabili alla quale, evidentemente, Maurizio Sarri non potrà mai aspirare.
Fabio Belli
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