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FOCUS – Il tabù dell’omosessualità nel calcio

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Evoluzione umana: Processo di origine ed evoluzione dell’Homo sapiens come specie distinta e la sua diffusione sulla terra”. Analizziamo attentamente quanto scritto, che il Sapiens si sia evoluto e diffuso a macchia d’olio a questo mondo è fuori discussione, non a caso oggi sono più i film che parlano di spostamenti di massa degli esseri umani verso altri pianeti, alla ricerca di cunicoli spazio-temporali che possano condurre ad altre galassie da occupare, che serie televisive in prima tv. Questo perché ormai si ha la piena padronanza, conoscenza e potere del pianeta che frequentiamo. Ma siamo sicuri che l’evoluzione sia davvero avvenuta? O è soltanto una modernizzazione di facciata che porta all’ovvia considerazione che l’apertura mentale di ognuno di noi è meno di quello che sembra?

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Noi parliamo di pallone, lo sport più bello del mondo come tutti sapete, ed in questi giorni ci sono state più polemiche per la vicenda Sarri – Mancini che per colpi di stato o magna magna politici. Si è gridato allo scandalo per un “finocchio” di troppo, ma è l’aggettivo che dà fastidio o il terreno nel quale viene coltivato? Mi spiego meglio: c’è chi sostiene che la parola in questione, e non la ripeterò, sia ormai un modo di dire, che non sia un elemento discriminatorio dettato dall’omofobia.

In merito alla vicenda Vittorio Sgarbi disse: “Mi sembra un finto caso, un malanimo, non è un insulto, anche perché stiamo parlando di una categoria rispettabilissima” e prosegue “dire frocio ad una persona può essere una forma di incazzatura ma non vedo l’insulto”. O chi invece condanna aspramente e duramente le parole rivolte da Sarri a Mancini senza fronzoli e non girandoci intorno, queste le dichiarazioni all’indomani di Fabio Caressa, condirettore di Sky Sport: “Sarri ha commesso un gravissimo errore che pagherà pesantemente sotto il profilo dell’opinione generale. Indubbio che ciò porti anche un po’ di pressione sul Napoli. Un gesto di autolesionismo, oltre che di maleducazione”.

C

ome sempre la verità la si può trovare, tra l’una e l’altra dichiarazione, ma per dovere di cronaca e per rispetto nei riguardi di tutti coloro che “veramente” hanno pagato dazio a discapito di bigottismo e maleducazione, ci piacerebbe ricordare quanti, andando controcorrente, si sono dichiarati apertamente e hanno reso pubblica la loro omosessualità, andando incontro a durissime prese di posizione da parte della coscienza umana che li circondava.

In epoche recenti il primo calciatore a dichiarare la propria omosessualità fu l’inglese Justin Fashanu, che militò nel Nottingham Forest negli anni 80, grande talento, subì le vessazioni del suo allenatore, il leggendario Brian Clough. Fu deriso in campo con lancio di banane e qualsivoglia altra forma di offesa nei suoi riguardi. A 30 anni fece coming out, una scelta rischiosa a quei tempi che gli costò l’emarginazione anche da parte della famiglia Passò anni d’inferno che lo portarono alla tenera età di 37 anni a porre fine alla propria vita. Non molto tempo fa il centrocampista Dominic Van Dijk dichiarò di essere gay e ammise: “So cosa mi aspetta, me la faranno pagare”. Negli ultimi anni ci sono stati i casi dello svedese Anton Hysén e del tedesco Thomas Hitzlsperger che hanno fatto coming out a carriera in corso. “Non mi sono mai vergognato di come sono. Nel calcio l’omosessualità è completamente ignorata”, ha ammesso Hitzlsperger.

In Brasile tale arbitro Richarlyson Barbosa Felisbino, è finito nel mirino perché sculetta dopo ogni gol. La storia finisce in tribunale. Il giudice scrive testualmente: Se un omosessuale vuole giocare a pallone, può farlo, ma solo con i suoi simili, mettendo in piedi un’altra Federazione. Ognuno deve stare al suo posto, ogni scimmia sul suo ramo, ogni gallo nel suo pollaio”.

Nel calcio il “fenomeno” dell’omosessualità non è mai entrato, e quando, di rado lo ha fatto, il boicottaggio è stato netto, immediato. I gay sono tutti fuori, non in campo, non tra i calciatori. E’ l’amara conclusione, che forse rende un po’ meno Sapiens e più bigotti tutti coloro che ancora oggi non credono nella libertà di pensiero e di espressione.

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