Riparte, con il primo appuntamento dell’anno, ‘Dalla scuola allo stadio, il modo giusto per sostenere lo sport‘. Stamane è toccato a Klose, Guerrieri e Cataldi far visita all’Istituto Comprensivo ‘Gianni Rodari’. Accanto a loro il Team Manager Manzini e la fedele aquila Olimpia, accompagnata dal falconiere Bernabè. Di seguito le loro dichiarazioni riportate dal sito lalaziosiamonoi.it.
Manzini: “Veniamo sempre volentieri a questi incontri, perché siete voi a dare qualcosa a noi, ovvero la voglia di vivere e gioire. Nella vita bisogna ambire e, per far questo, servono il lavoro, i sacrifici e la dedizione. E ci vuole sempre rispetto per l’avversario, che è fondamentale“.
Bernabè: “L’aquila è un animale sensibile, per mantenerla ci vuole pazienza. È importante rispettare il suo carattere, perché con il tempo capisce che sei suo amico. L’esemplare è sempre lo stesso: all’inizio la colorazione era diversa, perché l’aquila in genere cambia le piume dopo 4-5 anni e la testa e la coda diventano sempre più bianche. Olimpia è una cucciola, visto che le aquile vivono 80 anni“.
Guerrieri: “Giocare nella Lazio è il mio sogno, è da quando avevo sei anni che lo faccio. Ho anche altri hobby, come la pesca, ma la mia passione è sempre stata il calcio. La giornata tipo? Ogni giorno ci alleniamo, spesso anche due volte. Io mi alleno in maniera diversa rispetto agli altri. Più faticosa? Dipende dal tipo di allenamento, anche i calciatori di movimento corrono tanto. Il ruolo del portiere mi ha subito affascinato: mi sta formando come persona, perché sei lì da solo e quando sei in difficoltà devi uscirne da solo. Non mi esalto dopo una grande parata e non mi butto giù dopo un errore“.
Cataldi: “Ho iniziato a 4-5 anni e intorno ai 13 ho iniziato a sperare che la passione potesse trasformarsi in un mestiere. Da piccolo giocavo sempre con gli amici, in qualunque posto si poteva usare un pallone. La mia prima volta all’Olimpico è stata bellissima, uno spezzone di partita contro il Napoli, poi con il Milan dall’inizio. Io sono di Roma e l’Olimpico l’ho sempre visto come un museo: ritrovarmici con la mia squadra è stato bellissimo. Prima di una partita importante provo sempre un po’ di tensione. Sono tante le emozioni che provo, ma sono contento di indossare questa maglia. È sempre importante fare risultato in campo, perché è questo che fa la differenza e quando non arriva iniziano i problemi. Non so cosa farò quando smetterò, devo ancora iniziare per bene. Spero comunque di giocare ancora per tanti anni. Quando smetterò vedrò, spero in futuro di farmi un’idea più precisa“.
Klose: “Ho iniziato tardissimo, a 10 anni, è da lì ho iniziato a credere che potesse essere un hobby ben pagato. Per diventare sempre più forte devi allenarti ogni giorno, così puoi imparare e crescere, proprio come voi bambini che studiate sempre. Quanti gol ho fatto? Per ora zero, in carriera un bel po’. Volevo fare un’esperienza fuori dalla Germania e la Lazio è stata l’unica a concedermela, a me e alla mia famiglia. Oggi, dopo 4 anni e mezzo, sono contentissimo di aver fatto quella scelta. Adesso in Germania ci sono più tifosi allo stadio, perché hanno costruito stadi nuovi per i Mondiali 2006. In Italia c’è più tatticismo e le squadre provano a non subire gol, mentre in Germania fanno più pressing e possesso palla. A giocare ho iniziato tardi perché finita la scuola facevo il carpentiere, perché i miei genitori volevano che imparassi un mestiere. Poi ho provato a giocare in terza divisione, ho fatto tanti gol e sono andato al Kaiserslautern, dove dopo 4 mesi ero già in prima squadra. Prima di venire in Italia avevo sentito tanto parlare di razzismo, ma sinceramente episodi non ne ho ancora visti o sentiti, nemmeno sulla mia pelle. Ovviamente certe cose non devono accadere, dobbiamo vivere tutti insieme e aiutarci a vicenda. Quando vi sono arrivato dalla Polonia a 8 anni e mezzo, la Germania mi ha aperto le braccia, sono contento di esserci cresciuto. Una volta in Germania un arbitrio mi fischió un rigore a favore per un fallo del portiere, ma io andai da lui e gli dissi che non era rigore. Per questo episodio ho ricevuto un premio per il fair play, perché penso che se sei più bravo dell’avversario vinci lo stesso. Anche a Napoli ho detto che non era gol dopo aver colpito la palla con il braccio. L’Italia mi piace molto, specie il tempo e il cibo. A mia moglie invece piace molto la lingua, l’ha imparata prima di me. Con la Germania ci sono molte differenze. Per me non ci sono parole per descrivere il Mondiale vinto, è bellissimo, un’esperienza stupenda per me che sono nato in Polonia e cresciuto in Germania“.