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RASSEGNA STAMPA – Stendardo: Napoli da scudetto, Atalanta e vivaio, modello vincente

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Nessuno è profeta in patria, dicono. Ma Guglielmo Stendardo è un’eccezione alla regola. La domenica dopo Natale, ad Agropoli, dove vive la sua famiglia, il difensore dell’Atalanta ha ricevuto il prestigioso premio Paolo Serra, riconoscimento a carattere nazionale dedicato alla memoria dell’ex sindaco di Agropoli, amministratore molto noto nel Cilento. Trentaquattro anni, nato a Napoli, (un fratello, Mariano, 32 anni, difensore della Fidelis Andria), Guglielmo detto Willy è calcisticamente cresciuto nelle giovanili del club partenopeo. Ha giocato nella Samp e nella Salernitana. Poi Catania, Perugia, Lazio, Juve, Lecce, ancora Lazio e, dal 2012, Atalanta, della quale è diventato un autentico totem, amatissimo dai tifosi. Laureato in giurisprudenza, Stendardo è l’unico calciatore professionista della serie A abilitato alla professione forense. Fortemente impegnato nel sociale, sostenitore della Casa So.Spe. (Sostegno e Speranza) fondata da Suor Paola a Roma per aiutare le donne vittime di violenze e di abusi e i loro bambini, il giocatore nerazzurro è molto legato alla sua Campania, anche se Bergamo l’ha adottato.

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Signor Stendardo, che cosa pensa di questo campionato, mai così equilibrato dopo 17 turni, con 5 squadre a contendersi lo scudetto in un fazzoletto di 4 punti? “Mai visto un torneo così avvincente. Juve, Roma, Inter e Napoli  sono le squadre che lotteranno sino alla fine per il titolo. Ma le sorprese di questa serie A sono il Sassuolo e l’Atalanta.”

Perché il Sassuolo e l’Atalanta stanno facendo così bene? “Perché sono società solide, i cui settori giovanili sono splendide realtà. Nell’Atalanta, ad esempio, ci sono  giovani di valore cresciuti in quella miniera d’oro che risponde al nome di Zingonia. Penso a Sportiello, Grassi, Conti. In prima squadra c’è anche Monachello, che, nonostante abbia soltanto ventun anni, ha già mostrato quale sia il suo talento”.

Che cosa cambierebbe l’avvocato Stendardo nel sistema calcistico italiano? “Darei sicuramente più spazio ai giovani italiani e aprirei subito al campionato delle riserve, sul modello dell’Inghilterra e della Spagna”.

 Crede che calciatori già esperti accetterebbero l’idea di giocare in una seconda squadra? “Personalmente non avrei problemi. Anche i miei colleghi del campionato italiano potrebbero  accettare l’idea di buon grado. Nel calcio deve sempre prevalere l’interesse della collettività, non del singolo”.

Certo che, con gli stadi che ci ritroviamo in Italia, è difficile colmare il divario con i Paesi calcisticamente più evoluti: “Il problema riguarda tutto il nostro Paese. Le eccezioni sono lo Stadium juventino, il Mapei del Sassuolo a Reggio Emilia e il Friuli che l’Udinese ha trasformato in un vero gioiello. Il resto è obsolescenza, lentezza, ritardi inaccettabili. Ad esempio: l’Atalanta ha presentato un progetto strepitoso ma, sinora, i  lavori di restauro e di recupero hanno coinvolto solo rifacimento della tribuna centrale e la creazione dell’area pitch view, che consente di seguire la partita praticamente da bordo campo. Il presidente Percassi e noi giocatori crediamo nelle istituzioni e ci auguriamo che i tempi burocratici siano brevi”.

Con una laurea in giurisprudenza e un ventennio di esperienza, crede di poter aiutare il nostro calcio? “Anche se ho 34 anni, mi auguro di giocare a calcio ancora per molti anni. Quando smetterò, cercherò di coniugare le mie due passioni: il pallone e la legge”. 

Ha mai pensato alla Figc? “Mi sento ancora un calciatore, ma non escludo nulla. In quell’ambiente servono  personalità competenti. Oltre ad essere uno sport, il calcio ha un ruolo sociale ed etico. La mia Figc ideale dovrebbe essere gestita da sportivi  che siano un esempio per tutti: come Roberto Baggio”.

A proposito dello Stendardo giocatore: nonostante la sconfitta, lei è stato uno dei migliori in campo nella partita con il Napoli giocata prima di Natale. Che impressione le ha fatto la squadra di Sarri? “Il Napoli ha vinto, ma noi abbiamo lottato fino alla fine. E’ difficile avere la meglio contro un attaccante come Higuain, uno dei più forti del mondo. Comunque, abbiamo fatto bella  figura. Per me, ogni gara contro il Napoli ha un sapore particolare: il Napoli è la squadra della mia città, nella quale sono calcisticamente cresciuto e la porterò sempre nel cuore. Non potrei mai dimenticare l’esordio con quella maglia e in quella piazza”. 

Dopo 17 giornate, l’Atalanta è nona in classifica con 24 punti. Sin qui, un campionato molto brillante: qual è il segreto? “La solidità della società, la sua organizzazione e la sua serietà. Il presidente Percassi è a capo di un gruppo che dà lavoro a seimila dipendenti in Italia e all’estero: ha portato nell’Atalanta lo spirito manageriale e la modernità che contraddistinguono le sue molteplici attività. In un club di calcio, se c’è un’organizzazione stabile, anche la squadra è più serena e rende al meglio”.

Qual è il suo rapporto con i tifosi atalantini? “La tifoseria bergamasca è straordinaria. Lo stadio è sempre gremito, l’entusiasmo è contagioso: anziani, bambini, donne, uomini, famiglie. C’è un un vero e proprio culto dell’Atalanta. A Bergamo non si dice: vado allo stadio. Si dice: vado all’Atalanta. Che credo sia un bell’esempio di senso dell’appartenenza e aggregazione. Il merito è anche di Percassi: non perde  l’occasione per coccolare i suoi sostenitori con iniziative di marketing particolarmente azzeccate. Ad esempio, ogni neonato negli ospedali delle città e della provincia riceve in dono una maglia nerazzurra. Questa si chiama fidelizzazione…”

Che ricordo ha della Lazio e dei tifosi? “Ho un ricordo meraviglioso. La Lazio era ed è una  squadra straordinaria. A Roma sono stato ben accolto e ho sempre nutrito il massimo rispetto verso i tifosi laziali. Ancora oggi, a  distanza di anni, sento la loro vicinanza. Vedere gli stadi vuoti è davvero triste, soprattutto se si tratta dell’Olimpico”

Il suo rapporto con Suor Paola,  celeberrima tifosa laziale che gestisce la casa di accoglienza So.Spe nella capitale,  risale agli anni della sua permanenza a Roma? “Suor Paola è una religiosa straordinaria. Ogni volta che posso, vado a salutare i suoi bambini. Non riuscirei a trascorrere un Natale sereno se non lo facessi”.

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onte : Il Corriere dello Sport

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