La partita peggiore nel momento più difficile. La Lazio prova a rialzarsi dopo l’ennesimo tonfo, Pioli ha quattro giorni per rianimare la squadra prima della sfida contro la Juventus.
S
ia chiaro, il tecnico non rischia la panchina, almeno al momento: ha un contratto fino al 2017, e continua ad avere la fiducia della società nonostante la stagione fallimentare; la sconfitta nella finale di Supercoppa italiana contro la Juve, l’eliminazione dalla Champions League per mano del Bayer Leverkusen e gli scarsi risultati ottenuti in campionato avrebbero spinto qualsiasi altro club a prendere in considerazione un cambio in corsa.
La panchina di Pioli è ancora salda, il presidente laziale non è solito allontanare gli allenatori su due piedi; in passato ha esonerato due tecnici che avevano portato la squadra in zona retrocessione e licenziato – per giusta causa – Pektovic che aveva tradito (a suo dire) la fiducia del club. Oggi l’esonero di Pioli certificherebbe il fallimento del progetto tecnico, significherebbe una compartecipazione di responsabilità che i dirigenti laziali non intendono condividere: del resto l’organico è rimasto identico alla passata stagione, il mercato non ha tolto – né aggiunto – risorse significative alla squadra. I problemi sono tutti dentro Formello. Stimoli, ambizioni, rapporti che son venuti meno nel corso di questi mesi e che hanno minato – sul nascere – la nuova Lazio.
Oggi i numeri sono impietosi: decimo posto in classifica, sette sconfitte su quattordici partite, un solo punto nelle ultime cinque sfide, sedicesima difesa della Serie A, decimo attacco del torneo. La Lazio non sa difendere, ma non riesce neanche ad attaccare; nelle retrovie lo stop di De Vrij ha tolto a Pioli una pedina fondamentale, ma la genesi dell’infortunio risale alla passata stagione, la patologia dell’olandese era nota e in chiave mercato il club biancoceleste avrebbe potuto – e dovuto – acquistare un elemento di maggior spessore, capace di fornire maggiori garanzie. In attacco i problemi di rendimento sono simili, coi tre attaccanti capaci di segnare – fin qui – la miseria di otto gol. Ma è sulle motivazioni del gruppo che va ricercata la soluzione alla crisi perché sono le prestazioni di ogni singolo elemento a essere altamente inferiori rispetto al passato.
I giocatori ribadiscono con le parole la fiducia nei confronti di Pioli, ma puntualmente vengono smentiti dalla loro stessa attività pedatoria. Infine c’è l’aspetto legato agli arbitraggi. E’ inconfutabile che nel corso della stagione ci siano stati episodi contrari, ed è allo stesso modo frustrante essere penalizzati dal Palazzo nel momento in cui la presidenza della Lazio è detenuta dalla stessa persona che ha in mano il calcio italiano. Ma gli arbitraggi avversi appaiono una banale giustificazione che tende a esemplificare una crisi ben più profonda che affonda le radici all’interno della stessa Lazio.
Fonte : Il Tempo