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CHI L’HA (RI)VISTO – Sani Emmanuel, il “palloncino d’oro”

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Non sempre le promesse vengono mantenute nel calcio, questo si sa e si è quasi ai limiti del banale nel dirlo. Ce ne sono però certe che fanno più rumore di altre. Mondiali Under 17 del 2009 in Nigeria, la formazione di casa sfiora il titolo perdendo la finalissima contro una Svizzera di talenti. Seferovic, Xhaka, Kasami, Rodriguez. Ma come spesso accade, sono gli africani a fare la figura migliore sul taccuino degli osservatori. Un attaccante in particolare, piccolino, guizzante, imprendibile palla al piede, risulta essere il talento più cristallino del gruppo nigeriano. Si chiama Sani Emmanuel, è un classe ’92 e viene premiato con il pallone d’oro del Mondiale.

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In tanti mettono gli occhi su questo brevilineo il cui fisico minuto viene compensato dalle giocate imprevedibili e dalla freddezza sotto porta. Emmanuel va a provare in Inghilterra con Chelsea e Tottenham, ma c’è un’altra capitale d’Europa nel suo destino. Si tratta di Roma, visto che Igli Tare, grazie ai suoi buoni uffici con l’ex Inter Taribo West, riesce a mettere le mani su Emmanuel e su un altro talento nigeriano, Eddy Onazi. Cresciuti sotto l’ala protettrice del pastore battista T.B. Joshua, a sua volta maestro spirituale di West, Sani Emmanuel e Onazi crescono nella scuola calcio del pastore fino ad arrivare ai vertici delle Nazionali giovanili nigeriane.

L’impatto a Roma è fantastico: i due nigeriani sono colonne portanti di una squadra che nel 2012 sembra avviarsi a grandi falcate verso lo scudetto. Emmanuel è decisivo nei quarti di finale contro il Torino e farà parte per tutto l’anno di un autentico trio delle meraviglie, prima con Barreto e Ceccarelli, poi con Antonio Rozzi dopo la partenza del biondo attaccante per Castellammare di Stabia. Il titolo sfuggirà nella finalissima contro l’Inter, ma le prospettive per il “palloncino d’oro” restano rosee.

Il fisico però sembra preoccupare chi l’ha visto giocare. Ok la Primavera, ma Emmanuel reggerà l’impatto coi professionisti? Meno dubbi sembra procurare l’aspetto caratteriale, essendo il giocatore devoto e cresciuto sotto ferrei principi religiosi. Ma per uno dei prospetti più in vista del calcio mondiale alla fine dei primi anni duemila, l’esordio nel calcio tra i professionisti non è di certo come aveva sognato. Una sola presenza in Lega Pro con la maglia della Salernitana, in un match contro il Chieti sostituendo un altro ex talento laziale, Christian Chirieletti, a mezz’ora dalla fine.

A Salerno Emmanuel non si ambienta. Un ritorno di fiamma c’è con il prestito nella Seconda Divisione svizzera al Biel Bienne. Dieci presenze e cinque gol in mezza stagione. Al ritorno alla Lazio c’è però la rottura con il club. Il giocatore si impunta, memore dell’esperienza a Salerno non accetta più le serie inferiori italiane. E in più occupa una casella da extracomunitario. Troppo per la pazienza della Lazio che decide di sbarazzarsene: a ottobre passa in Israele al Beitar Gerusalemme, senza giocare praticamente mai. Ormai svincolato, fallisce anche nelle serie minori svedesi, all’Oskarshamns AIK. Ma del “Palloncino d’Oro”, che stringeva orgoglioso ormai sei anni fa, non c’è neppure l’ombra. Il carattere, sul quale tutti scommettevano ad occhi chiusi, forse l’ha tradito più del fisico. L’ultima malinconica passarella in prova al Sarajevo, in Bosnia. Dieci giorni a luglio, nessun contratto offerto per il ragazzo di fede che non trova nessuno disposto a credere in lui.

Fabio Belli

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