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Pioli col Palermo sfida il suo passato e raggiunge un importante traguardo

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Duecento panchine in serie A. Stefano Pioli domani taglierà questo traguardo alla guida dei biancocelesti. Affronterà il Palermo sperando di veder risorgere quella sua Lazio che la scorsa stagione tanto fece strabuzzare gli occhi all’Italia calcistica. Per la cinquantunesima volta il tecnico parmense vestirà i panni di allenatore della Lazio, lo farà contro i rosanero di Zamparini che gli affidò la panchina siciliana nel 2011 a scapito di un’altra dolce conoscenza laziale, Delio rossi.

Il destino a volte è stravagante e Pioli lo sa bene: già da qualche anno si paventava la possibilità di un suo arrivo nella capitale, ma sponda giallorossa. Il ds Walter Sabatini, altra conoscenza di Lazio e Palermo, fece di tutto per portarlo a Trigoria dopo l’esperienza negativa di Luis Enrique, ma poi non se ne fece nulla. Ma il fato può essere strano e quando meno te lo aspetti torna da te con una proposta difficile da rifiutare. E’ il 12 giugno 2014 quando Stefano Pioli diventa il nuovo allenatore della Lazio. Una data che l’ex Bologna non dimenticherà facilmente, è l’inizio di un’avventura inaspettata che lo porterà all’apice della sua carriera. Eppure, la sua avventura nella capitale era nata tra dubbi e perplessità degli addetti ai lavori e dei tifosi che si aspettavano un nome di maggior calibro dopo aver visto andar via Edy Reja. Arrivato tra gli sfavori dei pronostici, Pioli con la sua nuova Lazio incanta ma soprattutto “canta”. Sì, perché durante una seduta di allenamento è sua l’iniziativa di riunire la rosa e far intonare l’inno “So già du’ ore” di Aldo Donati.  Successivamente, Pioli spiegò che il suo intento era quello di far capire ai giocatori cosa significasse giocare nella Lazio. Ad ogni partita intonava l’inno nello stesso momento in cui veniva cantato a gran voce anche dalla curva nord, quella curva che lui chiamò “popolo” in un’intervista. Tutto sembrava andare per il verso giusto, un manipolo di ragazzi in campo che si battevano per la squadra e per il suo comandante. Quell’atteggiamento coriaceo fece diventare la Lazio la più bella squadra da vedere e la più brutta da affrontare, una scalata che fece toccare un punto insperato a inizio stagione: il sorpasso sui dirimpettai cittadini. Poi l’allungo finale portò la sua Lazio a giocarsi il terzo posto e l’accesso ai preliminari di Champions a Napoli. Cosa successe in quella serata al cardiopalma ormai è storia e il destino quella volta fu benevolo con Pioli…

Oggi tutto questo sembra smarrito, i giocatori appaiono appagati e senza grinta, i risultati stentano ad arrivare. Lo stesso mister sembra in confusione. Ma riavvolgentdo il nastro dei ricordi, anche lo scorso anno, l’inizio di campionato fu difficile. Ad oggi la squadra ha vinto 6 partite su 12 ed è prima nel suo girone di Europa League. Ma quello che preoccupa il popolo laziale è la cattiveria che manca in campo, la poca voglia di combattere e di ribellarsi ad ogni potere avverso. Quando si lotta, a volte può arrivare la sconfitta, se non si combatte non arriverà mai la vittoria. Il tecnico parmense è riuscito a trasformare la Lazio lo scorso anno ed è chiamato a farlo ancor di più ora che le aspettative sono cresciute. Domani la Lazio avrà l’occasione di dimostrare che lo spogliatoio ancora è unito. Domani la squadra è chiamata a rispondere sul campo. Il tifoso vuole rivedere una squadra unita, compatta e vogliosa di vincere. Contro il Palermo servirà che tutti tornino a lottare come un tempo, perché cadere è nel destino di tutti, sapersi rialzare in quello di pochi..

Alessio Allegrucci

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