Vecchie amicizie e consolidate procedure. Da qui nacque l’abbraccio tra l’ex sindaco Gianni Alemanno e il re delle coop, Salvatore Buzzi. La ricostruzione viene fornita dall’ex capo di gabinetto di Walter Veltroni, Luca Odevaine, nell’ultimo dei suoi interrogatori ai pm di Mafia Capitale. Un racconto giudicato credibile dalla procura, che alla vigilia del processo ha accordato i domiciliari al funzionario di lunga militanza politica.
«Totti e il pagamento in nero»
Nel corso dell’interrogatorio è venuto fuori anche un particolare che riguarderebbe il capitano della Roma Francesco Totti: avrebbe pagato in nero alcuni vigili per proteggere i suoi figli. «È vero, dei vigili urbani facevano vigilanza ai figli del calciatore romano – ha affermato Odevaine – ma lo facevano fuori dall’orario di lavoro e venivano pagati in nero dallo stesso Totti». «L’esigenza -ha precisato poi Odevaine, rispondendo alle domande del pm Paolo Ielo – era nata dal fatto che era giunta voce di un progetto di rapimento del figlio di Totti. Ne parlai con il Colonnello Luongo dei carabinieri, il quale, tenuto conto della genesi e della natura della notizia, convenne con me che non era il caso di investire il comitato per la sicurezza ma che si poteva trovare un modo per provvedere».
«Si affidò a Buzzi per inesperienza»
Alemanno non si aspettava di vincere le elezioni e si trovò impreparato al momento di dover formare una squadra di governo, dice Odevaine. Per questo si affidò inizialmente a Buzzi, e al suo consolidato sistema messo in piedi sotto Veltroni: «Alemanno individuò nel sistema Buzzi il riferimento nel sociale nell’aggiudicazione dei lavori, complice il rapporto di conoscenza che vi era tra Alemanno, Buzzi, Mancini, Carminati e Piso, nato in carcere tempo prima». Aggiunge Odevaine: «Diversamente da quello che normalmente accade in questi casi, il nuovo sindaco mi chiese di rimanere fino a luglio. Io accettai e in tale periodo egli mi presentò Riccardo Mancini e l’onorevole Vincenzo Piso, indicandomeli come interlocutori per suo conto per tutte le questioni di mio interesse. L’ambiente non mi piacque particolarmente. Nella gestione del Comune – ha proseguito Odevaine – Mancini e Piso mi dissero di voler inserire nei ruoli apicali e dirigenziali persone che, a prescindere dalla loro competenza e dalla competenza di chi in precedenza rivestiva quei ruoli, fossero di loro fiducia». Ma, poiché «la destra non aveva soggetti economici di riferimento che avessero tali caratteristiche» ecco la scelta dell’amministrazione Alemanno di sposare il sistema Buzzi. «Solo balle e sentito dire» ha detto Gianni Alemanno riferendosi alle dichiarazioni di Odevaine.
Ha confutato alcune «verità» di Buzzi
La credibilità di Odevaine sta anche nell’aver confutato alcune “verità” di Buzzi, che nei suoi interrogatori aveva chiamato in causa nomi e istituzioni senza per la verità risultare attendibile. «Le sue dichiarazioni, in relazione alla tangente, su Cionci, Zingaretti, Venafro e Calicchia, sono false. Io non conosco Cionci. Non so perché lui mi metta in mezzo», ha fatto mettere a verbale Odevaine, arrestato quando era membro del tavolo nazionale per l’immigrazione. «E non è vero – ha proseguito – che io gli abbia detto di parlare con la senatrice Finocchiaro per la gara di Mineo. Io so al riguardo che lui andò a parlare con Gianni Letta, come da mia indicazione, fu lui stesso a dirmelo, così come lui mi disse di essere andato a parlare con la senatrice Finocchiaro. Così come parlò con Letta per il Cara di Castelnuovo di Porto che occorreva costruire, Letta lo mandò dal Prefetto Pecoraro. Non so se abbia raggiunto un accordo con il sindaco di Castelnuovo di Porto. Talvolta – ha concluso Odevaine parlando di Buzzi – millanta rapporti che non ha».
«Tangente pagata da Caltagirone»
Odevaine tira in ballo – durante l’interrogatorio – anche Francesco Gaetano Caltagirone che secondo l’ex membro del tavolo per i migranti del Ministero dell’Interno pagò una tangente che servì a chiudere l’affare edilizio della Bufalotta. Odevaine lo aveva già detto durante un precedente interrogatorio – lo scorso 15 ottobre – ai pm della procura di Roma nel carcere di Terni, a cui dichiarò: «Riccardo Mancini (uomo di fiducia dell’ex sindaco di Roma Alemanno, ndr) mi disse che era stata pattuita una tangente, pagata da Caltagirone, in relazione all’affare edilizio della Bufalotta, nella direzione di Marroni (all’epoca capogruppo Pd in Campidoglio, ndr), Smedile e Alemanno». «Solo calunnie» ha replicato il deputato dem Umberto Marroni.
«I camion bar finanziavano la politica romana»
Ma le accuse più pesanti, che in buona parte confermano le indicazioni già emerse in questa ed altre inchieste, riguardano il ruolo dell’ex consigliere comunale Giordano Tredicine e della sua famiglia:«Preciso che di 500 licenze rilasciate, 430 circa erano tutte intestate a membri della famiglia Tredicine-Falasca, che, fino all’avvento di Giordano Tredicine al consiglio comunale, finanziavano tutta la politica romana». Lo ha detto Luca Odevaine nell’interrogatorio reso ai pm il 15 ottobre scorso nel carcere di Terni, parlando dei camion bar. «Durante il periodo di Veltroni – ha spiegato Odevaine – avevo individuato seri problemi nell’assegnazione delle concessioni ai camion bar. Si trattava di licenze rilasciate con il carattere della temporaneità e in relazione ad ambiti molto ristretti. Molte di esse erano state rilasciate da Gianmario Nardi, e via via si erano espanse illegittimamente quanto al contenuto e quanto ai tempi». Nardi, che era stato prima dirigente del primo municipio e poi direttore del Gabinetto del sindaco Rutelli, era tornato a fare il vicecapo di Gabinetto con l’avvento di Alemanno «gestendo insieme a Lucarelli tutti gli affari più rilevanti, e con lui riprendono i contrasti – ha spiegato Odevaine -, culminati nella nomina del dirigente al decoro, che lui fece senza interpellarmi, di Mirko Giannotta». Tornando ai camion bar, Odevaine ha detto di aver «chiesto al sindaco di mandare gli atti in Procura. Egli mi disse di aver sollecitato uno studio delle carte al segretario comunale e all’assessore competente e che io sappia non se ne fece nulla.
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onte: Corriere della Sera