“La poca continuità di risultati ci ha fatto crescere meno di quanto pensassi” oppure “in alcune situazioni dovremmo avere più cattiveria”. E ancora: “ci manca la consapevolezza di qualche risultato di fila” ovvero “dobbiamo tornare a conquistare punti con cattiveria”. Frasi che suonano come variazioni sul tema da parte della stessa persona. Dello stesso allenatore, nel caso specifico. Invece no: se i primi due concetti sono stati espressi da Stefano Pioli dopo la sconfitta per 3-1 contro il Milan, gli altri due ragionamenti sono farina del sacco di Vladimir Petkovic. E risalgono rispettivamente al pre e post partita con il Genoa, che il 3 novembre 2013 passò all’Olimpico per 2-0. Calendario alla mano, esattamente due anni fa: la teoria dei corsi e ricorsi storici è già lì che scalpita per farne il proprio fondamento scientifico. Primo anno esaltante, il secondo travagliato: l’avventura di Pioli sulla panchina biancoceleste sembra quasi voler ripercorrere le orme del cammino compiuto dall’attuale ct della Svizzera. Questa l’infausta sensazione che pare aver intenzione di diffondersi nell’inquieto mondo laziale. Inclemente in primo luogo, considerato il precedente, per le sorti del tecnico emiliano.
STESSO RUOLINO TRA CASA E TRASFERTA – Le statistiche a supporto remerebbero proprio in questa direzione. Dopo 11 giornate di campionato, la Lazio 2013/14 di Petkovic stazionava al settimo posto: stesso gradino occupata dalla squadra guidata da Pioli. Nonostante i tre punti in più ottenuti quest’anno (18 contro 15), la posizione in classifica è la medesima. Anche il ruolino di marcia tra casa e trasferta presenta notevoli somiglianze. A questo punto della stagione, il mister di Sarajevo aveva vinto 5 gare, di cui quattro all’Olimpico e solamente una all’esterno. Con Pioli quest’anno sono arrivati finora 6 successi interni, di cui cinque nei confini del Grande Raccordo Anulare. Cinque invece i ko maturati, unico casalingo proprio contro i rossoneri di Mihajlovic. Petko si era fermato a quattro sconfitte, di cui tre nei panni della squadra ospite. Ne conseguono (come mettono in mostra i dati raccolti dal sito di statistiche LazioPage) una percentuale di punti in casa (86% Petkovic, 83% Pioli) e una in trasferta (13% il primo, 16% il secondo) quasi identiche. L’unica differenza sostanziale giunge dai pareggi: tre per l’ex allenatore biancoceleste, zero nella casella di quello attuale. Per il resto i numeri (come i gol segnati, 16 a 15 per Pioli) tratteggiano due quadri pressoché speculari.
MA LE DIFFERENZE SOSTANZIALI NON MANCANO – Insomma, la Lazio e i suoi tifosi sono destinati a rivivere le delusioni della stagione post 26 maggio? Ecco, proprio il contesto storico suggerisce che le distanze tra il recente passato e il presente non sono poi così irrisorie. Il secondo anno di Petkovic fu condizionato, a conti fatti viziato dai postumi della sbornia per la Coppa Italia vinta in finale contro la Roma. Come in seguito ammise più di un giocatore, l’entusiasmo per quel trofeo ebbe come effetto collaterale quello di far sentire alla squadra la pancia piena. Il gruppo in mano a Pioli no, questo discorso non può replicarlo: i dolori con cui convive la Lazio di oggi nascono da un fallimento, quello della mancata qualificazione ai gironi di Champions League. Quanto di più lontano da una sindrome da appagamento. Negli interpreti poi, la rosa di due stagioni fa preannunciava già a priori la conclusione di un ciclo: da Biava a Dias, da Ledesma a Gonzalez, tanti protagonisti di quella Lazio si apprestavano a concludere la loro esperienza in biancoceleste. Milinkovic-Savic, Kishna e Hoedt, gli stessi Felipe Anderson e Keita, sono invece i volti giovani di una squadra costruita (magari in maniera troppo marcata) con un occhio al futuro. E poi non bisogna sottovalutare una contingenza storica: la corte della Nazionale svizzera per Petkovic, che proprio tra fine ottobre e inizio novembre 2013 emerse a livello mediatico come causa di una frattura potenzialmente insanabile (tanto da portare all’esonero del tecnico prima di Capodanno e alla successiva querelle legale con la società di Lotito). L’accusa di avere la mente distratta da altri lidi (che per Petkovic fu un ostacolo insormontabile) non può certo essere rivolta contro chi siede ora sulla panchina laziale.
TUTTO SUL DERBY: DIFFERENZIATO PER PAROLO E F. ANDERSON – Al contrario dell’attuale selezionatore elvetico, Pioli ha poi dalla sua una grande chance: il derby. Un’arma che può rivelarsi a doppio taglio, certamente, ma senza dubbio un’occasione da sfruttare. Petkovic ne uscì sconfitto alla quarta giornata, il mister di Parma può invece approfittarne per ridare slancio agli appetiti biancocelesti. È in quest’ottica che – come ammesso candidamente nella conferenza post-Milan – risparmierà la maggior parte dei big per l’impegno di Europa League in Norvegia. Contro il Rosenborg, si prepara alla prima da titolare Ravel Morrison: l’inglese si appresta a guidare una formazione assai rimaneggiata, in cui potrebbe trovare spazio anche l’ex Primavera Oikonomidis. I rientranti Keita e Parolo, invece, puntano dritto alla stracittadina: a Trondheim l’ex Barcellona dovrebbe accomodarsiin panchina, mentre il nazionale azzurro (differenziato per lui in quel di Formello) tornerà in gruppo quando la squadra sarà già rientrata nella Capitale. Anche Felipe Anderson (lavoro a parte anche per il brasiliano a causa di un affaticamento muscolare) ricaricherà le pile in vista della Roma. Serviranno anche le sue giocate per permettere alla Lazio di ripartire. E a Pioli di ricacciare un po’ più in là i plumbei paragoni con il Petkovic-bis.