Ora sì che si può parlare di crisi. Sotto tutti i punti di vista: gioco assente, motivazioni basse, incapacità di reagire, numeri impietosi e chi più ne ha più ne metta. Il derby perso 2-0 con la Roma ha messo in luce ulteriormente gli attuali problemi della Lazio di Pioli, nel peggior momento della sua gestione.
TAGLIAVENTO E L’IMMOBILISMO DI PIOLI – La Roma ha vinto perché si è dimostrata più forte, a prescindere dall’evidente errore di Tagliavento nell’assegnazione del calcio di rigore per il fallo fuori area di Gentiletti su Dzeko. Un rapporto complicato, comunque, quello tra il fischietto di Terni e la Lazio, che dopo l’ultima partita è diventata (insieme al Palermo) la squadra che ha perso più incontri (13 su 27) con lui, mentre la Roma è per distacco quella con più vittorie (20 su 30). Più che sfortuna (come la aveva definita Pioli nella conferenza della vigilia), sembra matematica. Giusto dunque che l’allenatore della Lazio lo faccia notare anche con una certa veemenza al termine della partita, così come fatto pure dal ds Tare, che ha avuto un duro confronto con il direttore di gara. Ma tutto non si può ridurre a un rigore al 9′. Perché sebbene il vantaggio giallorosso abbia cambiato radicalmente la partita, Pioli ha avuto 81 minuti per cercare di modificare quella della Lazio. E invece non c’è stato nemmeno un cambio tattico fino al 67′ (Keita per Radu e conseguente cambio di modulo), a gara già compromessa sul risultato di 2-0 per la Roma. Si è ostinato a giocare fino in fondo allo stesso modo, l’allenatore, sperando in qualche guizzo dei suoi giocatori più talentuosi.
GIOCATORI SPENTI E MERCATO INADEGUATO – Il problema è che quasi tutti sembrano lontani parenti di quelli che hanno guidato la squadra al terzo posto dell’anno scorso: Parolo non era in condizione (prevedibile visto il mese di inattività per infortunio), Djordjevic nullo, Candreva indolente, Felipe Anderson capace solo di regalare qualche guizzo ogni tanto, Lulic confuso, Marchetti incerto e così via. Quasi tutti appaiono svuotati mentalmente, svogliati, demotivati, fuori condizione e in confusione tattica. E soprattutto non sufficientemente supportati dalle alternative, portate in estate dal mercato scelto dalla società. Lotito ha scelto di non osare, ha messo a disposizione non più di 15 milioni per migliorare una squadra arrivata terza in classifica nell’ultimo campionato e in ballo per la qualificazione ai gironi di Champions League; il ds Tare ha utilizzato questo budget per completare l’organico, portando a Roma alcuni tra i migliori giovani talenti in circolazione. Una scelta che forse potrà dare buoni frutti in futuro, ma che si è rivelata certamente inadeguata per il breve periodo. Un esempio arriva anche dalla gara di ieri, visto che tra Patric, Hoedt, Morrison, Kishna, Milinkovic e Matri, solo l’attaccante in prestito dal Milan è sceso in campo del derby e solo per i 10 minuti finali.
L’ASSENZA DI DE VRIJ E I PROBLEMI DIFENSIVI – E i problemi della rosa sono stati ulteriormente sottolineati dall’incapacità di sopperire con le risorse a propria disposizione a infortuni gravi che si sono presentati nel corso di questi primi mesi. Su tutti quello che di fatto ha chiuso la stagione di De Vrij, che rende ancora più complicata una situazione difensiva già di per sé preoccupante. Sì, perché la Lazio con 20 reti subite è la seconda peggior difesa del campionato (solo il Carpi a 24 ha fatto peggio). Non accadeva addirittura dal 1992 (in quel caso furono 21) che la squadra biancoceleste ne subisse così tante nelle prime 12 di campionato (dati LazioPage). I numeri sono ovviamente condizionati dalle due débacle pesantissime di inizio campionato con Napoli e Chievo, ma di recente non è che le cose siano andate meglio: negli ultimi 5 turni di serie A, solo il Torino (10) ha subìto più reti della Lazio (9). C’è un problema alla base, insomma, a cui la società cercherà di rimediare nella prossima sessione di mercato. Anche in questo caso, però, bisognerà vedere quanto sarà messo a disposizione per intervenire.
CLASSIFICA PERICOLOSA E IL TABÙ CON LE BIG – Questa è la fotografia della Lazio di oggi. Pioli dovrà fare un bel lavoro in queste due settimane di pausa per riuscire a isolarsi dall’ambiente e dalla classica sindrome della catastrofe post-derby perso. Che fa male, soprattutto per come è arrivato, ma è solo la punta di un iceberg che non può essere nascosto dai buoni risultati in Europa League. I numeri adesso preoccupano davvero: a partire dalla classifica, che vede la Lazio più vicina alla zona retrocessione (7 punti) che al terzo posto (8). La settima posizione insieme a Juventus e Atalanta non mente, e colloca la squadra di Pioli dove fino a questo momento ha dimostrato di meritare, soprattutto considerata la schizofrenica differenza tra partite in casa (5 vittorie, una persa, 12 gol fatti e 4 subiti) e in trasferta (un successo, 5 sconfitte, 4 reti all’attivo e 16 incassate). La gara con la Roma è l’ennesima dimostrazione della difficoltà del tecnico di Parma nell’affrontare i “big match”: sono undici, per la precisione, le partite perse su 17 sfide contro le big (Milan, Juventus, Inter, Napoli, Fiorentina e Roma), cui si aggiungono 2 pareggi e sole 4 vittorie. Troppo poco, per chi solo qualche giorno fa diceva di avere tutto per diventare grandi o per chi, a inizio stagione, parlava dell’inizio di una “nuova era“.
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onte : La Repubblica