“Di padre in figlio” è stata una delle più belle manifestazioni di lazialità di sempre. Padri e figli allo stadio insieme, per celebrare quell’amore viscerale verso il bianco ed il celeste. In alcuni casi, i più fortunati, hanno portato anche il nonno. Tre generazioni insieme, nell’unico posto per testimoniare ancora una volta quella passione che li unisce. Allo stadio con gioia, serenità e felicità….una cosa che, oggigiorno, non sempre è permessa. C’è chi l’amore per la Lazio lo trova in maniera quasi inaspettata dentro di se, se lo crea e lo plasma a proprio piacimento. C’è invece una stragrande maggioranza di persone che lo ereditano, come fosse un aspetto fisico o caratteriale. Vede il papà esultare o intristirsi la domenica, poco più che neonato, mentre guarda la TV, e lui fa lo stesso, spesso senza capirne il perché. E proprio quel bimbo magari riesce, con un semplice sorriso o il primo tentativo di parlare, a regalare al triste papà un sorriso. Con il tempo si cresce, e si capisce il perché delle gioie o delle tristezze nel vedere ventidue ragazzi che corrono su un prato verde. Ventidue si, sono quelli che corrono, è vero, ma l’attrazione è verso la metà di essi: quelli con la maglia biancoceleste e l’aquila sul petto! Dopo aver messo in fila i primi passi e le prime corse spesso si tirano i primi calci al pallone, per la gioia del papà. Si immagina, e si sogna, di essere in futuro uno di quei ventidue ragazzi che corrono sul prato verde, inseguendo un pallone. In pochi ci riescono, ci vuole costanza, talento e sacrificio. E allora quel sogno, almeno per un po, viene riposto in un cassetto. In pochissimi però, riescono a rincorrere quel pallone con la maglia biancoceleste rendendosi così non solo calciatori, ma portatori di un ideale. Nesta, Di Vaio, Di Canio in passato, Cataldi ora, sono fra quei pochi privilegiati. Chi ha coronato, ma a metà, quel sogno c’è Daniele Portanova. Difensore che ha calcato i campi della serie A per anni, senza mai riuscire però ad indossare la maglia della Lazio. Mai ha nascosto il suo tifo ed il desiderio di rappresentare sul campo quell’ideale che l’aquila rappresenta. Lo ha più volte sfiorato, ma è sempre mancato quel qualcosa per mettere la firma su un contratto che, più volte, ha dichiarato di aver voluto firmare anche in bianco. Adesso la sua carriera è giunta al termine, e la domenica non ha impegni lavorativi ma può godersi (o soffrire) la Lazio, quella che comunque è, la sua Lazio. Ogni padre spera il meglio per il suo figlio, è normale. E allora adesso Portanova, in veci di padre, può assistere al sogno del suo Manolo che calca i campi di Formello giocando con gli allievi nazionali, da sottoetà. Per il papà, vederlo con quello stemma sul petto è splendido. Domenica, nel giorno in cui la Lazio ha perso il derby, a papà Portanova il sorriso lo ha fatto tornare il figlio. No, non più neonato ed alle prese con i primi tentativi di dire “papà”, ma in campo, già (quasi) grande, andando in rete contro il Como. E` giovane, deve crescere e divertirsi con la palla fra i piedi per il momento. Senza smettere di lavorare e combattere per il sogno suo…e di papà Daniele. Ma su questo è proprio l’ex calciatore a non avere dubbi “Mio figlio è come me, un combattente. Indossando questa maglia mi ha reso orgoglioso ed ha esaudito un mio desiderio. Ora deve lavorare e crescere“. Senza fretta, aggiungiamo noi. Ed allora complimenti per il gol ed in becco all-aquila per il futuro Manolo, la Lazio ha bisogno di laziali come te.
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