Beppe Signori si confessa. Lo fa ai microfoni di ‘Sportitalia’, dove dà la propria versione in merito al suo coinvolgimento, nel 2011, nello scandalo del calcioscommesse: “La mia vita è cambiata, – dice – perché una situazione più grande di me mi ha travolto e arrecato molte difficoltà. Ho voluto aspettare il momento giusto, di essere tranquillo dentro, perché è stato devastante a livello sia psichico che fisico, ma ho ripreso a vivere. Adesso attendo gli eventi e poi si vedrà. L’indagine è partita da alcune intercettazioni in cui però non ero io a parlare, ma alcuni soggetti che si riferivano a me. Già qui si capisce che non facevo parte del sistema. Erano sostanzialmente i commercialisti a parlare di me e il fatto che io non ne avessi di mio vuol dire che non potevo esserne il capo“.
“Ringrazio quelli che mi sono stati vicini negli ultimi anni, sono loro i miei veri amici. Qualcuno è sparito ma lo capisco, fa parte del gioco. Sono tornato a parlare perché vedo che è cambiato il modo in cui la gente mi affronta: questo perché, dopo quattro anni e mezzo, si è resa conto che c’era qualcosa di strano e non vero“.
“L’ammissione e la richiesta di pietà? Anche quella è stata una montatura dei giornali, perché io avevo solo chiesto di aver pietà perché mi stavano martellando giorno e notte. Ripeto, mi sento pronto moralmente, a prescindere che le indagini siano concluse e che ora ci saranno gli avvisi di garanzia, che i giornali già conoscono, come conoscono tante altre situazioni, fatto molto strano visto che non sono ancora stati notificati. Non ho ammazzato nessuno né creato problemi, quindi è giusto che continui a vivere dignitosamente e onestamente. D’altronde, io c’ero all’incontro, pur senza saperlo, e c’erano anche altre persone“.
“Quando non sei tesserato, dei tuoi soldi puoi fare quello che vuoi e a me piace scommettere. Era un giochino, un divertimento come altri. Però da scommettere in maniera lecita al vendersi o comprare le partite ce ne passa. Bisogna conoscere le persone, mentre io il capo degli zingari non lo conoscevo, né avevo rapporti con Mauri se non perché giocava. Avevo rapporti solo con i commercialisti ed è lì che è nata l’associazione, visto che erano più di due elementi. Scommettevo fino a quattromila euro, tranquillamente, perché mi piaceva, come ad altri piace fare altre cose. E come fa la maggior parte degli italiani, un modo per guadagnare“.
“La mattina dell’arresto stavo per prendere da Termini il treno per Bologna, quando mi telefonarono dicendomi che c’erano due poliziotti in borghese che mi aspettavano. Quando li incontrai, mi dissero che mi stavano arrestando, ma che non sapevano perché. Sul Frecciarossa poi mi chiamò mia sorella, dicendomi che l’arresto non mi era stato notificato. Lo lessi poi sui giornali online, perché qualcuno si era venduto in anticipo la notizia“.
“Sono tra i 130 indagati che hanno perso la sentenza per 2-1, una cosa mai successa. Oltretutto sui capi di imputazione la giustizia è stata molto vaga. Sono stato arrestato, messo ai domiciliari e poi radiato in tutta fretta pur non essendo tesserato per nessun club. In più, sono stato interrogato dall’avvocato e non in Figc. Personalmente, credo di non aver mancato di rispetto a nessuno, se l’ho fatto è stato verso tutti. Dovessi risultare colpevole, è giusto che paghi, altrimenti qualcun altro lo farà per me“.
“Le mie tre schede sim? Ne avevo due regalatemi da un amico e che mi sono state consegnate regolarmente. Tanto che, quando sono stato travolto dall’ uragano, ho comprato pure le intercettazioni. Il conto in Svizzera? Ho un conto in quella banca, ma non sono assolutamente socio di quelle società. La consulenza tecnica con la Ternana? Non avevo nessun titolo per farla, ma me l’hanno affidata e poi purtroppo… Tra l’altro, avevo appena conseguito il patentino di allenatore Uefa e mi avviavo ad un futuro da allenatore dei ragazzi, il mio sogno. Che però con questa radiazione è crollato definitivamente“.
“La mia esperienza da calciatore? Alla Lazio ho giocato in una squadra Che Cragnotti aveva costruito per vincere lo scudetto e vi ho vinto tre volte il titolo di capocannoniere. Al Mondiale, Sacchi non era abituato a giocare con i piccolini, me e Baggio davanti, perché aveva sempre avuto Van Basten, Massaro e Simone. Perdemmo la prima, cosi vista la mia capacità di resistenza, mi mise a centrocampo. Per inesperienza o presunzione pensai che ciò bastasse per essere titolare, invece non giocai la finale e questo è il mio rimpianto più grosso. Anche alla Lazio arrivammo secondi e non giocammo in Champions perché allora vi andava solo la prima. Se tornassi indietro? Non andrei all’incontro“.