Q
uando Mr. Wolf bussa alla porta di Jules e Vincent (anzi, in verità a quella del povero e incazzato Jimmy) in Pulp Fiction, si fa precedere da un’affermazione ne anticipa il modo spicciolo di agire: “Per arrivare ci vogliono 30 minuti: ce ne metterò 10.” Un tempismo che Marco Parolo forse non ha avuto né in questa né nella passata stagione, in cui sono servite un po’ di partite per vederlo “carburare”. Le differenze con il personaggio interpretato da Harvey Keitel però terminano qua: per il resto c’è un mare di analogie per l’uomo che, se chiamato in causa al momento giusto, ha il potere di risolvere i problemi della Lazio.
E’ successo domenica al Bentegodi, sponda Hellas, un campo che la Lazio non espugnava da ventiquattro lunghi anni. Ma il ritorno di Parolo da qualche partita è evidente, nel fisico come nella mente. A Leverkusen lo si era visto ciondolare in campo, un po’ come tutta la squadra, ma anche nel match d’andata, mediamente sopra la media per grinta messa in campo dagli undici biancocelesti, la prova dell’ex Parma si era risolta in un gigantesco “vorrei ma non posso”. Per l’uomo in più del centrocampo laziale della scorsa annata, quasi una bestemmia. Ma era accaduto anche un anno fa, quando gol dell’ex al Cesena a parte, era stato necessario attendere la quinta giornata e Palermo-Lazio per rivedere un Parolo all’altezza delle aspettative.
Parolo risolve problemi, e non solo metaforicamente parlando. Un suo siluro su punizione era stato importantissimo anche a Cagliari, nel bel mezzo della serie delle otto vittorie consecutive della passata stagione. Una partita dominata dalla banda Pioli, ma messa a rischio dalla scarsa concretezza in attacco. Corsi e ricorsi storici: anche in quella trasferta, un rigore trasformato da Lucas Biglia. E anche uno sbagliato, a dire il vero. Poco male: quella punizione ha rappresentato un picco in una parte di stagione esplosiva per Parolo, culminata nell’eurogol al Parma (ah, il gusto per il gol dell’ex!).
Non è uno dei calciatori più vistosi, o più loquaci: a vederlo da lontano, come mr. Wolf, non penseresti alla sua forza dirompente a centrocampo, alla sua attitudine al “pensa veloce – agisci veloce” fondamentale nel calcio di oggi. “Penso velocemente, per cui parlo velocemente”, spiega Wolf ai due gangster, con Vincent Vega che vorrebbe più formalità nel modo di rivolgersi a lui. Un po’ come Rafael, che avrebbe voluto una barriera raccolta e compatta di fronte a sé, e invece si è ritrovato la sassata del numero sedici laziale là, nell’angolino dove era impossibile arrivare. Problema risolto anche questa volta, mr. Parolo. E in un campionato senza padroni, uno così farebbe comodo a chiunque… ma ce l’ha la Lazio.
E ora andiamo a fare colazione da Mostro Joe (cit.)
Fabio Belli