La stagione scorsa lo aveva visto incensato da stampa e tifosi come vera e propria rivelazione tra gli allenatori. Una stagione culminata con il terzo posto in campionato, ed il conseguente accesso ai preliminari di Champions League, ed una finale di Coppa Italia persa solo ai supplementari contro l’invincibile Juventus di Massimiliano Allegri.
Stefano Pioli, arrivato in punta di piedi a Roma sponda biancoceleste dopo esperienze a Bologna e Palermo tra le perplessità dei più, che chiedevano un allenatore pronto ed affermato. Ma lui, Stefano Pioli, non si era fatto intimidire da una piazza notoriamente esigente, da una stampa romana sempre pronta ad attaccare appena si fosse presentato il primo problema, la prima crisi. Si era messo a lavorare e, nonostante un inizio di stagione tutt’altro che positivo, era riuscito passo dopo passo, partita dopo partita a convincere tutti; una Lazio dal gioco spumeggiante, a tratti inarrestabile, plasmata da un allenatore con tante idee e altrettante motivazioni. “Gli schemi non sono importanti, ogni giocatore sa qual è il suo compito” è una frase che Mister Pioli aveva usato più di una volta rispondendo ai cronisti che chiedevano lumi sul modulo adottato dalla sua squadra. Un 4-3-3 di base, con esterni d’attacco molto impegnati anche nella fase difensiva e la richiesta di un moto perpetuo agli esterni di difesa. Poi il definitivo lancio del talento cristallino di Felipe Anderson, la conferma di un Antonio Candreva in versione top player, la classe e la capacità innata di dettare il ritmo del gioco di Lucas Biglia e la sicurezza del pacchetto arretrato guidato da Stefan De Vrij avevano fatto il resto.
O
ra il problema è il seguente: possibile che in una sola estate, senza cedere nemmeno uno dei pezzi pregiati sia cambiato tutto? Possibile che siano svanite tutte le certezze di un allenatore accumulate dopo una stagione stellare?
No, francamente non è possibile, ma ci troviamo di fronte una Lazio distratta, priva di gioco, con una preparazione atletica precaria, una Lazio che sembra la brutta copia di quella della passata stagione; ed un allenatore in leggera confusione, costretto, tra infortuni e condizione altalenante dei suoi giocatori, a cambiare più volte modulo e formazione. Gli applausi si sono trasformati in fischi, la sua panchina ha cominciato a traballare, ma bisogna avere fiducia, il Mister merita fiducia. Una fiducia guadagnata sul campo.
Adesso tocca a lui trovare il bandolo della matassa, riuscire a dare una risposta a tutti i punti interrogativi di questa Lazio attuale. Una Lazio che in casa riesce comunque a sciorinare il proprio gioco, anche se a tratti, ma che in trasferta pare irriconoscibile. Mister Pioli ha parlato di spirito, quello spirito di gruppo che in questo inizio di stagione sembrava scomparso, ma che nella bella vittoria contro il Genoa ha visto di nuovo emergere, anche se non del tutto. A cominciare dalla trasferta di Verona Pioli chiede una decisa sterzata alle prestazioni della squadra, soprattutto lontano dallo stadio Olimpico. Si fida dei suoi giocatori e loro si fidano di lui.
I tifosi si affidano a Pioli, c’è luce in fondo al tunnel, la Lazio non molla mai.
Giulio Piras