span style="font-family: Reboto;">il punto di vista di Simone Roselli Giornalista responsabile Osservatorio Calcio Italiano
Il Calcio si sa, è di chi lo ama. Ed in Italia gli innamorati del Calcio sono tanti. Un Amore che si manifesta in senso di appartenenza ed identificazione per i colori che fanno battere il cuore del tifoso. Si tratta di un fenomeno sociologico che nel nostro Paese però necessità di una valorizzazione culturale in termini di strutture e servizi a favore della comunità degli appassionati come già avviene nei paesi più progrediti.
E si perché se da un lato oggi 4 italiani su 10 si definiscono tifosi (40% sul campione del sondaggio condotto da Demos-Coop) dall’altro al termine della scorsa stagione si è registrato l’ennesimo calo degli spettatori presenti allo stadio (-6.1% rispetto alla stagione 2013/14 come da Report n. 6/2015 realizzato da osservatoriocalcioitaliano.it).
I molteplici scandali (ciclici) ed alcune scelte di gestione (opinabili) contribuiscono ad impigrire il tifoso al seguito della propria squadra (media di 22.057 rispetto ai 23.481 del 2013, fonte osservatoriocalcioitaliano.it) ma non il senso di appartenenza ai propri colori (dal 36% al 40%, +11% rispetto al 2013, fonte Demos-Coop) ed il grado di attaccamento alla squadra (il 47% dei tifosi si definisce militanti, fonte Demos-Coop).
Stiamo assistendo ad un ridimensionamento della base del tifo italiano. Ancora non completo. Ma pur sempre in atto. Di certo si tratta un ridimensionamento molto inferiore rispetto alla politica (che nel nostro Paese suscita sentimenti di sfiducia) e dei campanilismi vari (che tendono a confondersi in un contesto di globalizzazione). Soprattutto perché il tifo per la propria squadra di calcio rappresenta ancor oggi la fede più intrinseca per gli italiani.